Introspection

GALLERIA D'ARTE DE MARCHI
BOLOGNA, ITALIA
29 marzo - 10 aprile 2025
a cura di
TREVISAN INTERNATIONAL ART
The Catalogue of SHIHOKO MORITANI Introspection




Interview and an article on ART JOURNAL
During the exhibition, Prof. Francino Falsetti, a renouned art critic, visited the Galleria d’Arte de Marchi. He interviewed Shihoko Moritani and Paola, a curator of Trevisan International, at the gallery and the article was featured in the ART JOURNAL in May 2025.
The following is an excerpt from the article in the ART JOURNAL.

E’ appena terminata in Galleria d’arte De Marchi
(10 aprile) organizzata da Trevisan International Art,
l’importante mostra personale dell’artista giapponese.
Un modo di interpretare l’arte nel tentativo di
dipingere il mondo invisibile che vive dentro di noi.
SHIHOKO MORITANI | INTROSPECTION
Ho visitato la personale dell’artista giapponese Shihoko Moritani con animo pascoliano. Quadri che non rappresentano, non raffigurano, ma sono “impronte” di memorie, sono tracce di evocazione, singoli momenti racchiusi in macchie color blu cobalto, il colore intenso, affascinante che ha ispirato artisti come Van Gogh, Renoir, Hokusai, Chagall e Cézanne. E’ il simbolo dello splendore, capace di stimolare sensazioni vivissime ed incomunicabili, Segni di una certa beatitudine ed una incessante ricerca di quiete, di serenità della innocenza e della poetica della introspezione.
“Tu sei il fanciullo eterno, che vede tutto con meraviglia, tutto come per la prima volta”. E questa semplice filosofia del sentire e del vedere si rispecchiano nella minuta persona dell’artista, dal viso luminoso di sor- prendente aspetto gioviale e di giovinezza interrogativa. L’arte di Shihoko non muove interessi materiali ma si pone come una serie di presenze occasionali o come oggetti di quotidianità che non si vogliono cancellare (vedi gli “occhiali”), ma servono per il necessario dialogo interiore che alimenta la nostra meraviglia del vivere.
La sua arte è un’arte di contenuti nascosti. Il fascino dell’arte della cultura occidentale respira nelle sue opere: da Mondrian a Kandinskij. Ma la sua identità giapponese vive di continue assonanze come tessuto connettivo ai suoi modelli di ispirazione e di vita. In alcuni momenti ci troviamo in schizzi di volti, di maschere care a certe forme di teatro popolare - spettacolare come il Kabuki che sembrano vegliare sulla particolare visione di un mondo misterioso e spirituale. La sua ricerca dell’anima non è un pretesto creativo, una sorta di esercizio artistico per avvicinare l’Oriente all’Occidente, è una scelta esistenziale che dovrebbe motivare ogni artista, senza distinzioni di culture o di razze, poiché l’arte non è sinonimo di imitazione della realtà, ma strumento interpretativo per indagare, interrogare, ciò che interagisce con la realtà, con i sentimenti, con i modelli di vita sociale e personale. E’ considerare la pittura come una scrit- tura dall’inchiostro simpatico (invisibile), com’è l’arte della Shihoko, che idealizza il suo Album colorato con il blu cobalto ed il nero per poter cogliere le complementarietà e le segrete sinergie che regolano la nostra Esistenza. Questa luce che alimenta il nostro fanciullino renderà l’inchiostro simpatico leggibile e si potrà vedere quel mondo fluttuante che caratterizza l’arte e la cultura giapponese.
Le opere di questa sensibile artista non si vedono come ci suggerisce la tradizione del guardare, ma si leggono con gli occhi del nostro mondo interiore perché hanno bisogno della parola, del pensiero, del ricordo, di una particolare percezione che risvegli in noi la capacità non del conoscere ma del ri- conoscere e quindi di continuare a far vivere la fiammella del “fanciullino”. Il segno astratto non deve dis- trarci, né renderci indifferenti: l’arte non è solo materialità, dialettica tra immagini ed immaginazione, è, soprattutto, avventura ermetica, apparentemente, insignificante ed incomunicabile. L’arte astratta richiede non emozioni, ma articolazioni di pensiero, di conoscenze, di intuizioni interpretative. L’arte astratta ha bisogno, come la pagina musicale, di un lettore-esecutore perché possa essere ascoltata. Così l’arte di Shihoko ha bisogno di un particolare atteggiamento fruitivo che sappia intuire i campi della soggettività rispetto all’inerzia della “cosa mentale”. E questo ci consentirà di decifrare la sua protetta introspezione artistica come un’opera di pluralità di significati.
Prof. Franchino Falsetti
Critico d’Arte
(English)
I visited the solo exhibition of Japanese artist Shihoko Moritani with a Pascoli-like spirit. Paintings that do not represent, do not depict, but are "imprints" of memories, traces of evocation, individual moments captured in splashes of cobalt blue, the intense, captivating color that inspired artists such as Van Gogh, Renoir, Hokusai, Chagall, and Cézanne. It is the symbol of splendor, capable of stimulating vivid and incommunicable sensations, signs of a certain bliss and a relentless search for stillness, the serenity of innocence, and the poetics of introspection.
"You are the eternal child, who sees everything with wonder, everything as if for the first time." And this simple philosophy of feeling and seeing is reflected in the artist's diminutive figure, with a luminous face, a surprisingly jovial expression, and a youthful, questioning expression. Shihoko's art is not driven by material interests but presents itself as a series of occasional presences or everyday objects that we do not want to erase (see the "glasses"), but rather serve the necessary internal dialogue that fuels our wonder of life.
Her art is an art of hidden content. The allure of Western art breathes through her works: from Mondrian to Kandinsky. But her Japanese identity thrives on constant assonances, a connective tissue to her models of inspiration and life. At times, we find ourselves in sketches of faces, of masks dear to certain forms of popular theater—spectacular like Kabuki—that seem to watch over a particular vision of a mysterious and spiritual world. Her search for the soul is not a creative pretext, a sort of artistic exercise to bring the East and the West closer together; it is an existential choice that should motivate every artist, regardless of culture or race, since art is not synonymous with the imitation of reality, but rather an interpretative tool for investigating and questioning what interacts with reality, with feelings, with models of social and personal life. It means considering painting as a writing in invisible ink, like the art of Shihoko, who idealizes her colored Album with cobalt blue and black to capture the complementarities and secret synergies that govern our Existence. This light that nourishes our childhood will make the invisible ink legible, and we will be able to see the fluctuating world that characterizes Japanese art and culture.
The works of this sensitive artist are not seen as the traditional way of looking suggests, but are read with the eyes of our inner world because they require words, thoughts, memories, a particular perception that awakens in us the capacity not to know but to recognize, and thus to continue to keep alive the flame of the "child." The abstract sign must not distract us or render us indifferent: art is not merely materiality, a dialectic between images and imagination; it is, above all, a hermetic adventure, seemingly insignificant and incommunicable. Abstract art requires not emotions, but articulations of thought, knowledge, and interpretative intuitions. Abstract art, like a musical page, needs a reader-performer in order to be heard. Thus, Shihoko's art requires a particular approach to enjoyment that can intuit the realms of subjectivity compared to the inertia of the "mental thing." And this will allow us to decipher her protected artistic introspection as a work of plurality of meanings.
Prof. Franchino Falsetti
Critico d’Arte












